A differenza di Foscolo e di Leopardi (e con loro non pochi autori dell’età romantica), Manzoni non pagò, se non episodicamente in giovinezza, tributo alcuno al culto di Dante. Il nome di Dante ricorre poche volte nel pur amplissimo epistolario manzoniano, a partire dal 1807, quando, abbastanza fortuitamente, si interessa dell’opera dantesca in rapporto alle ricerche sull’argomento dell’amico Claude Fauriel. Con il trascorrere degli anni la sua attenzione a Dante si riaccende soprattutto in relazione alla grande questione della lingua che lo vede prioritariamente impegnato per oltre quarant’anni, dal 1830 fino alla morte.